Caravaggio assassino by Roberto Ciai Marco Lazzeri

Caravaggio assassino by Roberto Ciai Marco Lazzeri

autore:Roberto Ciai, Marco Lazzeri
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2023-10-24T10:10:05+00:00


Caravaggio

Signore, l’oscurità di questo sotterraneo mi turba. Mi sento come se mi trovassi davvero dentro uno di quegli sfondi neri e cupi sui quali faccio vivere e morire le Giuditte mie coi loro Oloferni. Il silenzio, le tenebre, la notte che sembra interminabile mi fanno amare ancor più le donne della mia vita. E rimpiango gli errori commessi, che a esse mi strapperanno.

Ripenso a quelle ore con angoscia, perché dopo aver incontrato Fillide, Lena e Lavinia feci l’errore più grande. Andai al palazzo dei Tomassoni.

Bussai a lungo, ma nessuno rispose. Poco prima di andarmene, sentii gridare.

«Scarafaggio!».

Mi voltai. Il maggiore dei Tomassoni, Gian Francesco, se ne stava sull’uscio a gambe larghe. La faccia di pietra, le braccia come tronchi di quercia.

«Che cazzo fai da queste parti, scarafaggio?»

«Mi chiamo Merisi», gli dissi, «voi confondete il mio nome con quello che tenete fra le gambe».

Ridacchiò. «Che ci fai qui a notte fonda, pittore?»

«Vengo a chiedere giustizia».

Gli dissi che Ranuccio mi aveva sottratto parecchio denaro barando al gioco con carte segnate, e stavo per aggiungere qualche parola sulla sua condotta con le donne, ma mi trattenni in tempo. Sarebbe stato inutile.

«Tieni qualche testimonio per un’accusa tanto infamante?»

«All’Osteria del Moro lo sanno tutti».

«Voci di chiavica, senza fede».

«Compreso Cosimo, il compare suo?».

Divenne serio, e da serio quel mostro metteva paura.

«I soldi persi al gioco so’ persi per sempre», sentenziò, «e le bagattelle si risolvono subito, sennò si lasciano correre. Ma te voglio sta’ a senti’ nonostante tutto, e la mia decisione è che si rifacci la partita stanotte. Che si rifacci alla casa della puttana, Fillide Melandroni. Manderò qualcuno ad avvisare mio fratello».

Persi solo un istante a chiedermi la ragione di tutto ciò. La compresi senza affanno. L’Orso desiderava entrare nella stanza della moglie di Ranuccio senza impicci per casa.

Ci stiamo avvicinando alla fine, signore, ma l’alba di quella notte era ancora lontana. Molte cose accaddero ancora, da questo momento sino a quando il destino ebbe a compiersi, e tutte presero a rotolare lungo il pendio della rovina, travolgendo ciò che incontrarono sul loro cammino.

Quando giunsi sotto casa di Fillide per rifare la partita, incontrai Ranuccio. Stringeva una borsa e teneva occhi gonfi di sonno, ma a un ordine di suo fratello niuno poteva disubbidire. E di certo Gian Francesco gli aveva mandato a dire che quella partita si doveva giocare.

Ranuccio mi chiese se avevo visto Cosimo. «No», risposi. Ero convinto che il suo compare se ne fosse andato a farsi ricucire senza raccontar niente a nessuno, per evitare di essere umiliato e deriso. Mi accorsi che accanto gli era comparso Spezzaferro, il barbiere di Campo Marzio. Assieme a loro c’era un tizio che avevo veduto un paio di volte al mercato di Testaccio. Teneva il petto floscio come i seni delle vecchie e si chiamava Romeo. Cascava dal sonno. L’indomani avrebbe dovuto lavorare al banco dopo una notte senza dormire. Ma ai Tomassoni non si poteva dire di no.

Ranuccio mi disse feroce: «Vengo da casa della più bella troia di Roma, Lena Antognetti. Mi sa che la conosci.



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